Disabilità. Insieme possiamo abbattere la cultura dello scarto

Oggi, 3 dicembre, è la Giornata internazionale delle persone con disabilità. Una ricorrenza proclamata dall’ONU nel 1981 con l’obiettivo di promuovere i diritti e il benessere delle persone diversamente abili.

La tecnologia ha fatto grandi progressi in ambito medico per le persone disabili, ma in ambito umano bisogna ancora lavorare molto. In Italia ci sono più di 3 milioni di persone colpite da disabilità, per la maggior parte anziani, e molte di esse vivono in uno stato di vergognoso isolamento, che preclude loro la partecipazione e, quindi, il senso di appartenenza. Persone che esistono ma non sono.
Purtroppo, ad oggi, manca ancora la consapevolezza che queste persone siano una risorsa per la società, sia lavorativamente sia umanamente parlando. Siamo ancora intrappolati in una cultura dello scarto, una condizione che preclude a tutti, soprattutto agli “abili”, di godere di tutte le dimensioni dell’umano.

Di seguito il messaggio di Papa Francesco in occasione della Giornata internazionale delle persone con disabilità:

“Nella ricorrenza della Giornata mondiale delle persone con disabilità, rinnoviamo il nostro sguardo di fede che vede in ogni fratello e sorella la presenza di Cristo stesso, che ritiene fatto a sé ogni gesto d’amore verso uno dei fratelli più piccoli (cfr Vangelo di Matteo 25,40). In questa occasione, vorrei ricordare come oggi la promozione dei diritti alla partecipazione abbia un ruolo centrale per contrastare le discriminazioni e promuovere la cultura dell’incontro e della vita di qualità.

Si sono fatti grandi progressi verso le persone con disabilità in ambito medico e assistenziale, ma ancora oggi si constata la presenza della cultura dello scarto e molti di loro sentono di esistere senza appartenere e senza partecipare. Tutto questo chiede non solo di tutelare i diritti delle persone con disabilità e delle loro famiglie ma ci esorta a rendere più umano il mondo rimuovendo tutto ciò che impedisce loro una cittadinanza piena, gli ostacoli del pregiudizio, e favorendo l’accessibilità dei luoghi e la qualità della vita, che tenga conto di tutte le dimensioni dell’umano.

Occorre prendersi cura e accompagnare le persone con disabilità in ogni condizione di vita, avvalendosi anche delle attuali tecnologie ma senza assolutizzarle; con forza e tenerezza farsi carico delle situazioni di marginalità; fare strada insieme a loro e “ungerle” di dignità per una partecipazione attiva alla comunità civile ed ecclesiale. È un cammino esigente e anche faticoso, che contribuirà sempre più a formare coscienze capaci di riconoscere ognuno come persona unica e irripetibile.

E non dimentichiamoci dei tanti “esiliati nascosti”, che vivono all’interno delle nostre case, delle nostre famiglie, delle nostre società (cfr Angelus, 29 dicembre 2013; Discorso al Corpo Diplomatico, 12 gennaio 2015). Penso a persone di ogni età, soprattutto anziani, che, anche a motivo della disabilità, sono sentite a volte come un peso, come “presenze ingombranti”, e rischiano di essere scartate, di vedersi negate concrete prospettive lavorative per partecipare alla costruzione del proprio avvenire.

Siamo chiamati a riconoscere in ogni persona con disabilità, anche con disabilità complesse e gravi, un singolare apporto al bene comune attraverso la propria originale biografia. Riconoscere la dignità di ciascuno, ben sapendo che essa non dipende dalla funzionalità dei cinque sensi (cfr Colloquio con i partecipanti al Convegno della CEI sulla disabilità, 11 giugno 2016). Questa conversione ce la insegna il Vangelo. Occorre sviluppare gli anticorpi contro una cultura che considera alcune vite di serie A e altre di serie B: questo è un peccato sociale! Avere il coraggio di dare voce a quanti sono discriminati per la condizione di disabilità, perché purtroppo in alcune Nazioni, ancora oggi, si stenta a riconoscerli come persone di pari dignità, come fratelli e sorelle in umanità.

Infatti, fare buone le leggi e abbattere le barriere fisiche è importante, ma non basta, se non cambia anche la mentalità, se non si supera una cultura diffusa che continua a produrre disuguaglianze, impedendo alle persone con disabilità la partecipazione attiva nella vita ordinaria.

In questi anni si sono messi in atto e portati avanti processi inclusivi, ma non è ancora sufficiente, perché i pregiudizi producono, oltre alle barriere fisiche, anche limiti all’accesso all’educazione per tutti, all’occupazione e alla partecipazione. Una persona con disabilità, per costruirsi, ha bisogno non solo di esistere ma anche di appartenere ad una comunità.

Incoraggio tutti coloro che lavorano con le persone con disabilità a proseguire in questo importante servizio e impegno, che determina il grado di civiltà di una nazione. E prego perché ogni persona possa sentire su di sé lo sguardo paterno di Dio, che afferma la sua piena dignità e il valore incondizionato della sua vita.” (Dal Vaticano, 3 dicembre 2019, Francesco)

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